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L’antica tecnica di invecchiamento in botti di legno dell’aceto balsamico, e ancor più i requisiti dei Consorzi di Modena e Reggio Emilia su come fare aceto balsamico tradizionale, sono molto richiesti da tanti nostri clienti che si vogliono cimentare nell’invecchiamento anche al di fuori del territorio Emiliano. Solitamente l’impulso scatta dopo aver assaggiato il VERO aceto balsamico, l’unico che può vantarsi del titolo tutelato di TRADIZIONALE, ma è comunque una scelta non troppo di impulso dato che chi decide di cimentarsi nell’impresa sa che dovrà comunque attendere anni per beneficiare del proprio impegno.
I dettagli delle tecniche di invecchiamento dell’aceto in botte di legno, nonchè i tanti piccolo accorgimenti che si possono adottare, sono sempre apprezzati dagli acetai in erba. E’ bene precisare subito come ci sia da fare una netta distinzione tra il mestiere del bottaio, che le botti in legno le produce, ed il ruolo del Maestro Acetaio, che le botti in legno le usa. Per questo motivo non vogliamo fornire ai nostri clienti “la ricetta ideale” per l’invecchiamento dell’aceto balsamico quanto dare alcune nozioni e alcuni spunti disponibili in rete che il cliente potrà poi approfondire con un minimo di curiosità e tanta pratica. Del resto l’obiettivo non deve essere quello di diventare esperti dell’invecchiamento di aceto quanto quello di diventare esperti dell’invecchiamento del proprio aceto nella propria batteria di botti di legno.
Introduce l’argomento il Consorzio di Tutela dell’Aceto Balsamico Tradizionale, che chiarisce subito: “(…) Quando un aceto balsamico invecchia, diventa Tradizionale? NO! Per fregiarsi del “nome” Tradizionale il prodotto deve seguire rigorosamente un disciplinare di produzione DOP. Il Tradizionale infatti è un prodotto di altissima e nobile tradizione e per salvaguardare la sua immagine e qualità la Unione Europea ha concesso con la DOP una speciale protezione, sia sul nome che nelle procedure di produzione, intese su tutta la filiera. Quindi un Ente di Certificazione è stato incaricato di vigilare, partendo dai vigneti delle zone tipiche, sulle corrette procedure e i previsti tempi di produzione, al fine di garantire sia al consumatore sia ai seri produttori il mantenimento dei richiesti standard qualitativi. Il prodotto si può fregiare del nome “Tradizionale” solo allorché abbia superato tutti i controlli e, una volta promosso al test organolettico dei maestri assaggiatori, sia imbottigliato nell’unica bottiglia autorizzata dal Ministero per tutti i produttori di Modena: la famosa bottiglietta sferica a base rettangolare, appositamente realizzata per il prodotto (…)”.
Proseguono sull’argomento Ambrosia Balsamico specificando che l’aceto balsamico tradizionale “(…) Viene prodotto utilizzando unicamente mosto di uva cotto che attraverso una lenta acetificazione derivata dalla naturale fermentazione, progressivamente si concentra. Segue un lunghissimo invecchiamento all’interno di botti dai differenti legni e di dimensioni scalari che prende il nome di batteria, senza alcuna aggiunta di sostanze aromatiche. Tale invecchiamento identifica due diversi tipi di prodotto: Ampolla di aceto balsamico tradizionale affinato: invecchiato di almeno 12 anni (identificato da capsule di colore bianco) e Ampolla di aceto balsamico tradizionale extravecchio: invecchiato di almeno 25 anni (identificato da capsule color oro) (…)”.
Sul sito del Balsamico Cavalli di Reggio Emilia vengono riportate diverse illustrazioni e viene approfondita la preparazione del mosto: “(…) La cottura del mosto a fuoco diretto rappresenta la fase piú dinamica e spettacolare del processo produttivo. Persegue due importanti scopi. 1) Sterilizza il mosto eliminando eventuali processi fermentativi in atto. La fermentazione deve avvenire, infatti, solamente quando il mosto cotto verrà immesso nelle botti. 2) Concentra, per effetto dell’evaporazione dell’acqua, (20 litri persi su 50 di partenza) il contenuto zuccherino (che arriva circa al 33%) procurando abbondante alimento ai lieviti. Questi lieviti appartengono al genere “saccaromiceti” (…)”.
Prosegue con ulteriori dettagli il sito dell’Enoteca Regionale Emilia Romagna: “(…) La produzione dell’Aceto Balsamico Tradizionale inizia con la cottura del mosto a fuoco “diretto e vaso aperto” fino a ridurne il volume del 50%. A questo punto viene conservato in tini dove inizia la fermentazione che trasforma gli zuccheri in alcool. Raggiunta una gradazione alcolica di 6/7° vengono aggiunte colonie di aceto batteri (ogni Acetaia ha le sue) che favoriscono l’ossidazione acetica. In questo modo si prepara la base che verrà utilizzata per riempire la batteria di botticelle costituite da legni diversi, ciascuno dei quali conferisce note caratteristiche al prodotto. Ogni batteria è composta da botticelle progressivamente più piccole: il minimo è tre, generalmente sono cinque (…)”.
Tralasciamo per un attimo le tecniche di pulizia e di avviameno delle nostre botti di legno, che vengono spiegate direttamente dall’azienda o dai nostri rivenditori, e concentriamoci sui passi successivi, come ad esempio quanto ci illustra l’Acetaia La Tradizione: “(…) A processo completato viene immesso in “Batteria”, (serie di più botti, che nel suo insieme compongono una unità produttiva) gli esperti e la tradizione consigliano l’uso di almeno 7 botti, aventi capacità diverse; qui il prodotto viene lasciato a maturare per almeno 12 anni (per la produzione più giovane) e oltre 25 anni per l’extravecchio. I barili che compongono la batteria, di fatto sono tecnicamente legati tra loro mediante la tecnica dei travasi e dei rincalzi e non possono essere scambiati tra loro. Il Balsamico contenuto nei barili è posto nel sottotetto delle case dei Modenesi, e che trovano in questo ambiente ideale un luogo ottimale per la produzione di ABTM. Il Prodotto è del tutto naturale, dove la selezione delle uve, la tecnica di cottura del mosto fiore, le condizioni microclimatiche della zona e dei sottotetti che accolgono l’acetaia, l’esposizione solare, i calibrati travasi, la maestria del conduttore, possono fare una differenza rilevante sul prodotto finale (…)”.
Prosegue nella spiegazione l’Acetaia Acetomodena che stabilisce come “(…) Annualmente, durante la stagione fredda, si preleva dalla botte più piccola della serie un quantitativo di prodotto (mediamente un 25-30% del contenuto totale) ritenuto idoneo per la commercializzazione. Il liquido del barile più piccolo viene, dunque, riportato ad un livello di circa i 2/3 del totale con una parte del liquido della botticella immediatamente più grande (tale operazione viene comunemente chiamata travaso). Questa, a sua volta, viene riportata a livello con la terza, e continuando a ritroso fino alla botte maggiore, rincalzata con il mosto cotto dell’annata (operazione chiamata rincalzo). Il prodotto inizia a diversificarsi: nei barili più grandi i caratteri tipici sono più giovani, mentre spostandosi verso le botti più piccole le attività microbiche si spengono lasciando spazio all’affinamento e al graduale invecchiamento (…)”.
Attingiamo infine al sito del Museo del Balsamico Tradizionale per i dettagli sull’assaggio: “(…) L’assaggio è un vero e proprio rito, eseguito con calma, in silenzio, in un ambiente confortevole, con i giusti tempi e con gli strumenti appropriati. L’assaggiatore della Consorteria è abile ed esperto nel riconoscere tutti i colori, gli odori e i sapori racchiusi nella complessa storia di ogni Balsamico. Prima l’esame visivo, in cui un matraccio di vetro puro e trasparente e una candela servono ad apprezzare e valutare densità, colore e limpidezza del campione di Balsamico (…)”.
Lo scopo di queste poche righe è quello di dare qualche spunto, di incuriosire e di promuovere la cultura dell’invecchiamento di aceto balsamico in batterie di botti di legno col metodo tradizionale, nonchè di stimolare letture e studi di volta in volta più approfonditi sulla cultura dell’invecchiamento in botte, nella speranza di aver dato un primo incentivo.